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periti incaricati dal giudice del Tribunale di Brescia, nell’ambito dell’inchiesta per traffico di rifiuti che vede coinvolta l’impresa Locatelli di Grumello del Monte, hanno presentato la richiesta di una nuova ulteriore proroga per il deposito dei risultati delle analisi relative al materiale utilizzato per il sottofondo stradale della Brebemi. Per l’ennesima volta, dunque, si allungano i tempi per poter conoscere se i camion della Locateli hanno riversato rifiuti non trattati nei cantieri Brebemi di Fara Olivana e Cassano d’Adda, come sostiene la Direzione distrettuale antimafia di Brescia, oppure materie prime secondarie, come sostiene la difesa retta dagli avvocati Roberto Bruni ed Ennio Amodio. Gli esiti delle analisi di laboratorio dovevano essere depositati all’inizio di settembre, secondo i termini stabiliti dal giudice. Nonostante avessero già beneficiato di diverse proroghe, i periti ne hanno chiesta un’altra.

Quanto all’inchiesta, i periti incaricati dal giudice di verificare l’idoneità o meno dei materiali conferiti in Brebemi, dopo numerose proroghe chieste e ottenute nei mesi scorsi, dovranno consegnare la loro relazione entro il termine massimo del 19 ottobre. Il 12 novembre, invece, è prevista in Tribunale a Brescia l’udienza riguardante l’incidente probatorio disposto dal gip.

Si allungano quindi i tempi per conoscere i risultati delle analisi sui sedeimenti depositati sotto la Brebemi.

Nel frattempo, la società, in un comunicato diffuso in questi giorni sostiene che «le uniche criticità afferenti materiali utilizzati per la realizzazione del collegamento autostradale e ritenuti probabilmente non idonei, riguardano solamente lo 0,3% dei materiali stessi, 5 mila metri cubi su un totale di 12 milioni, come emerge dall’esame delle analisi eseguite nell’ambito della perizia, non ancora depositata, relativa alla fornitura oggetto del procedimento penale tuttora in corso, in cui S.d.P. Brebemi S.p.A. e il Consorzio BBM sono persone offese e, pertanto, del tutto estranee ai reati ipotizzati, e anzi dagli stessi gravemente danneggiate».

Così la Brebemi spa e il Consorzio BBM hanno voluto precisare alcuni aspetti della vicenda che ha visto la nuova arteria al centro di recenti vicende giudiziarie.

Ciò premesso, «le due Società intenderebbero procedere alla volontaria rimozione dei materiali interessati dalle anomalie riscontrate in sede di accertamento peritale, nonché al loro smaltimento in conformità alla disposizioni vigenti in materia ambientale e in ossequio alle facoltà concesse dalle medesime disposizioni normative, sebbene non siano in alcun modo a ciò obbligate, al contempo riservandosi ogni diritto di chiedere il risarcimento dei rilevanti danni subiti e subendi ai soggetti di cui sia accertata la responsabilità penale».
Appare tuttavia opportuno – dicono le società – «precisare che l’attività di monitoraggio delle acque di falda nelle zone interessate dal procedimento penale, proseguita per tutta la durata delle operazioni peritali e tuttora in corso sotto l’attenta e puntuale sorveglianza dell’Osservatorio Ambientale e in particolare dell’ARPA, ha accertato che ad oggi non v’è stato alcun anomalo incremento di sostanze inquinanti nelle acque sotterranee, il che consente di escludere, allo stato attuale, la cessione di sostanze inquinanti rilasciate dai materiali rientranti nell’ambito delle suddette forniture. L’intervento di rimozione e smaltimento, ove concordato con i soggetti competenti, verrà pertanto effettuato al solo fine di scongiurare definitivamente il rischio di eventuali danni all’ambiente ed evitare, quindi, ritardi nella realizzazione dell’Opera con conseguenti disagi nelle aree interessate dalle attività».

Ma ci si può fidare ancora delle dichiarazioni di una società, la Brebemi, e del lavoro di sorveglianza dell’Osservatorio Ambientale e in particolare dell’ARPA, quando le perizie sulle analisi non sono state ancora depositate?