La perizia sui materiali sepolti nei cantieri
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Nell’indagine sui presunti «veleni» smaltiti abusivamente nelle aree dei cantieri della BreBeMi, emergono altre certezze. Alcune di segno positivo per l’ambiente. La falda acquifera attorno ai cantieri finiti nel mirino della magistratura al momento non risulta contaminata dalle tracce di metalli pesanti rinvenute nei campioni di materiale sequestrato dalla procura.
La circostanza è emersa dall’esame della perizia che ha chiuso ieri (11 febbraio) l’incidente probatorio. Il vaglio della perizia supportata da slide è durato un paio di ore nell’aula del tribunale di Brescia.
Il fatto che le falde non siano state compromesse non mitiga l’affresco problematico tracciato dalla perizia. In alcuni campioni analizzati sono state riscontrate tracce di metalli pesanti: cromo in due casi, arsenico in uno. Si tratta di tre campioni su una moltitudine. Altri problemi sono emersi analizzando la granulometria di quanto passato al vaglio dei periti. Molti dei campioni analizzati sono risultati di dimensioni maggiori rispetto a quanto previsto dalla legge.
L’inchiesta è condotta dai carabinieri di Brescia e coordinata dai Pm Silvia Bonardi e Carla Canaia.
Al termine della perizia quindi ci si ritrova con dati in parte confortanti, in parte preoccupanti.
Sta ora alla Procura decidere quali ripercussioni questo avrà sulle posizioni degli indagati.

Se inquinamento vi è stato, dunque è in superficie, dove sono stati trovati i tre valori di cromo ed arsenico oltre i limiti di legge. La zona, 600 metri in tutto nei cantieri della direttissima Brescia- Milano di Cassano d’Adda e Fara Olivana con Sola , è oggetto di un intervento di bonifica ad opera di Brebemi, che spenderà due milioni e mezzo per portarlo a termine e, per rientrare della spesa, ha esercitato un’azione conservativa a danno delle aziende di Pierluca Locatelli.
A non essere conforme sotto il profilo merceologico, per i periti, è inoltre il materiale conferito dalle aziende dell’imprenditore bergamasco. Per gli esperti l’80% non rispetta le dimensioni granulometriche previste dalla legge. Per i sostituti procuratori Silvia Bonardi e Carla Canaia, il materiale adagiato sul fondo della direttissima è di provenienza illecita. Si tratterebbe in particolare di scorie di acciaieria e di asfalto frantumato che, a differenza di quanto impone la legge, non sarebbe mai passato dagli impianti di bonifica e non avrebbe mai subito la trasformazione da rifiuto in materia prima secondaria. Evidente, in questo senso, la difformità tra il materiale campionato nei cantieri di Fara Olivana e Cassano d’Adda e quello trattato nell’impianto di bonifica di Biancinella. Non rispettato, per i periti, anche il capitolato d’appalto: solo un campione – scrivono – è conforme alle prescrizioni imposte con riferimento alla presenza d’asfalto.
Con la relazione peritale dì ieri si è chiuso l’incidente probatorio disposto dal gip. Gli atti tornano in Procura e la parola torna ai titolari del fascicolo d’inchiesta.