Un paese ferito, colpito al cuore, arrabbiato, avvilito. Questi i sentimenti prevalenti tra la gente dopo che Bariano, per un paio di giorni, è finita sotto i riflettori dei media nazionali per il caso del ragazzo brasiliano autistico, ferito in una lite con un ragazzo più grande. Non si è ancora ripresa dallo choc la gente, non si capacita di essere stata dipinta come una comunità razzista e violenta. E non ci sta. L’amarezza sconfina nell’insofferenza verso la mamma brasiliana del ragazzo autistico che in paese, raccontano tutti, ha accolto nel migliore dei modi e che ora descrivono come un’ingrata che sputa, per così dire, nel piatto dove mangia. Il paese fa quadrato attorno al curato, sindaco compreso, e lo difende a spada tratta. E getta la responsabilità del triste episodio sulla donna, che praticamente tutti accusano di lasciare incustodito il figlio, senza controllo. «Quel ragazzo è sempre in giro da solo – dice il titolare di un bar – la famiglia deve seguirlo di più, fa danni e so che molti vicini di casa si lamentano». Un gruppo di donne non esita a schierarsi col curato: «Siamo tutti solidali con don Fabio, il ragazzino non si era fatto nulla, la madre non deve lasciare solo il figlio che ha problemi, forse ci ha guadagnato con questa polemica». Un altro commerciante rincara la dose: «E’ stato il bambino a insultare il più grande, ne fa di tutti i colori, e la madre lo difende sempre, chiama i carabinieri per qualsiasi cosa. Chiunque gli avrebbe dato una sberla. Non c’è razzismo, noi siamo brava gente». I volontari dell’oratorio sono increduli e sconvolti: «Ma quale razzismo? E’ stata una bravata tra ragazzi, capita anche tra italiani. Il ragazzino non si era fatto nulla, l’abbiamo soccorso subito». Uno dei giovani presenti alla lite racconta la sua verità: «Il bambino ha sputato al più grande insultandolo e quest’ultimo ha reagito spingendolo. E’ caduto e si è messo a piangere, nessuno ha filmato col cellulare. Due suoi amici sono andati a chiamare la mamma. Don Fabio non ha cacciato la donna, l’oratorio chiude alle 17. Il ragazzino è fatto così, urla e fa dispetti». Il clima si è surriscaldato eppure Zuelya Da Silveira Santos non si sente sola, e dalla sua casa di via Umberto I sibila: «Certo, io sono la nera, la straniera madre dell’autistico, mentre don Fabio è il loro prete del cuore che parla bergamasco. A me viene naturale il portoghese ma non lo uso. In ogni caso ho avuto attestati di solidarietà da parte di persone del paese e di fuori, bambini ed adulti. Degli amici hanno invitato il mio ragazzo all’oratorio di Mozzanica. Un prete deve dedicarsi agli altri, se don Fabio avesse avuto buona volontà col bambino non sarebbe successo. Giovanni Paolo II diceva “non abbiate paura, aprite le porte a Cristo”. Io ho preso quelle dell’oratorio in faccia. Il mio piccolo è figlio di Dio come gli altri, non un figliastro».