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Questo Pd di governo e contemporaneamente di opposizione non mi piace.
E’ una situazione, quella interna al Partito Democratico, che non potrà continuare a lungo; prima o poi ci dovrà essere un chiarimento definitivo che potrebbe anche non sfociare in una scissione, ma semplicemente nella presa d’atto di una situazione e nell’assunzione conseguente di regole comportamentali condivise.

In questi giorni ho cercato di capire le cause che spingono la minoranza del PD verso comportamenti che personalmente giudico negativi, e sono giunto a una conclusione che potrebbe non essere quella reale, ma che certamente non è priva di fondamento.

Quando il Pd nel 2007 venne fondato con la fusione (qualcuno disse “a freddo”) tra i Ds e la Margerita, credo che una delle convinzioni dei DS fosse quella di poter gestire e controllare in nuovo partito a proprio piacimento e, comunque, senza eccessive difficoltà. Quello dei Ds era un partito molto più strutturato (sul territorio e in Parlamento) rispetto alla Margherita e il suo gruppo dirigente molto più preparato (almeno in apparenza). In effetti, per anni gli ex DS hanno governato il nuovo partito con alterne vicende e fortune politiche e elettorali.
Renzi ha radicalmente cambiato questa situazione, rottamando nei fatti i vecchi quadri DS e portando al governo del PD una nuova classe dirigente. Non è un caso, quindi, che nel PD si sia coalizzata contro Renzi una minoranza composta soprattutto dai vecchi dirigenti DS, il cui scopo principale è quello di riconquistare la guida del partito e che ritengono Renzi soprattutto “un usurpatore”.

Questa, secondo me, è la vera motivazione che ispira le mosse della minoranza PD. Una mera questione di potere.

Tant’è che rispetto alla questione vera, diventano secondari la perdita di consensi del PD, non bilanciati ma incrementati anche dalla minoranza, e il ruolo da protagonista consegnato a Berlusconi (nelle trattative e nel voto) da ascrivere, quest’ultimo, al solo comportamento della minoranza. Per non parlare degli anni in cui si discute di Riforma elettorale senza che la politica sia capace di trovare una soluzione. E si parla di distacco della politica dal paese.

Il quadro della situazione è ancora più chiaro se pensiamo alle vicende legate alla Riforma elettorale e all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
In queste vicende è chiaro a tutti, almeno a parole, che il consenso e il voto debbano esprime il consenso più ampio possibile, che vada oltre il singolo schieramento o partito e coinvolga almeno la maggioranza del Parlamento. In un passato nemmeno troppo lontano, anche la minoranza del PD condivideva questa necessità. Quando era maggioranza. Nell’attuale Parlamento l’unica alleanza possibile oltre il PD è quella con NCD-UDC e Forza Italia. Non lo è con i 5 Stelle, che non vogliono in realtà accordi con nessuno e che già hanno costretto Bersani ad errori fatali; non lo è con la Lega di Salvini, in crescita di consensi, ma auto-confinata nel totale isolamento politico; non lo è con Sel, più interessata a ripetere l’esperienza della Grecia e in attesa degli orfani ex comunisti.
Quindi, a questo punto, il PD avrebbe solo due possibili scelte: o procede da solo, ma diversità politiche o numeri non lo consentono; o cerca un accordo con gli alleati possibili. Io credo, come Renzi, che la seconda sia la strada unica e obbligata. Possibile che nel nostro paese non si riesca, come si fa in tutte le democrazie mature, a trovare un accordo tra forza politiche diverse almeno su alcune questioni fondamentali (e queste lo sono) che riguardano il dna del nostro sistema democratico?
L’alternativa sarebbe quella di ripetere la figuraccia fatta con la rielezione di Napolitano (richiamato per il tempo necessario al Parlamento per la Riforma elettorale) e di non completare ancora una volta la Riforma stessa (Napolitano si è dimesso e la Riforma non c’è).
Quando però si cerca un accordo, e tutti lo possono capire, il risultato sarà per forza un compromesso che raccoglie le idee di tutte le forze interessate. Possibile che la minoranza del Pd non riesca a capire questo concetto fondamentale e insista nel sostenere la priorità di un accordo interno al Pd?
In realtà Bersani e compagnia capiscono benissimo la cosa, ma puntano, con le loro condizioni, a far saltare il patto del Nazzareno. Stanno quindi portando il PD (leggi Renzi) nello stesso vicolo cieco che loro frequentano da tempo; preferiscono ripartire e rifondare il Pd dalle macerie (questo sarebbe il fallimento di Renzi) piuttosto che sostenere l’usurpatore.

Potere, non visione politica per il paese.

Non sono renziano, e nemmeno del PD, ma questi mi costringeranno a diventarlo.

Luigi