Nel Ddl delega sul Codice penale sono state inasprite le norme sul furto per rendere certa la pena e scardinare il meccanismo delle attenuanti e aggravanti. Mediazione sui benefici per gli ergastolani. Pene più alte per il voto di scambio
Roma – Ci sono anche le pene minime più severe per furti, rapine e scippi nel disegno di legge delega sul Codice penale che continua la sua marcia in aula alla Camera: chi ruba, strappa una borsa per strada o si presenta con un’arma in una tabaccheria avrà minori possibilità, se catturato e condannato, di usufruire di quelle «porte girevoli» che nelle carceri regolano i flussi di entrata e uscita. Con l’intervento chirurgico su pene e multe minime viene scardinato in parte il meccanismo algebrico delle circostanze attenuanti e aggravanti, grazie al quale spesso si sottopone l’imputato a una condanna senza però la certezza che sconti una pena in carcere.

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Voto di scambio
In giro c’è anche per il voto di scambio politico mafioso (416 ter) la cui pena viene aumentata: da 4-10 anni a 6-12 anni. I grillini avrebbero voluto ampliare le fattispecie riconducibili a questo reato (introdotto da poco) ma l’impianto non è cambiato. Davide Ermini, responsabile Giustizia del Pd, ha ricordato il giudizio positivo che il procuratore Nazionale antimafia, Franco Roberti, aveva dato sull’inasprimento delle pene per il 416 ter.

Meno lusinghieri sono stati i giudizi del procuratore nazionale sull’allentamento dei bulloni nel meccanismo penitenziario che attualmente nega ai detenuti più pericolosi l’accesso ai benefici della legge Gozzini.

Ergastolani

Al testo del governo — che abbatteva il divieto automatico per gli ergastolani (articolo 4bis introdotto dopo le strage di capaci) — la commissione ha dovuto aggiungere alcuni paletti, anche dopo un lungo confronto tra la presidente della commissione Giustizia, Donatella Ferranti (Pd), e la grillina Giulia Sarti: alla fine, il divieto automatico di accedere ai benefici rimane per mafiosi e terroristi e per i «casi di eccezionale gravità e pericolosità specificamente individuati» dal governo. Critico il procuratore Roberti che in audizione aveva invitato il Parlamento a «riflettere attentamente» sulla modifica del regime introdotto con il 4 bis. Dopo le ultime modifiche è però soddisfatta la presidente Ferranti: «La riforma dell’ordinamento penitenziario non porterà alcun beneficio agli ergastolani condannati per mafia e terrorismo».

Rinvio a giudizio

I procuratori della Repubblica alla fine l’hanno spuntata. È raddoppiato, anzi quadruplicato nel caso di mafia e terrorismo, il numero dei mesi concesso ai pm tra la chiusura indagini e la richiesta di rinvio a giudizio (o di archiviazione). Il «tetto», che oggi non c’è la richiesta di rinvio a giudizio (o di archiviazione). Il «tetto», che oggi non c’è lasciando ampia discrezionalità alle priorità delle procure, sarà di tre mesi per tutti i reati (rinnovabile di altri tre, per 1 casi complessi con molti imputati e con più parti lese, se autorizzato dal Procuratore generale) mentre per mafia e terrorismo il pm avrà fino a 12 mesi per il rinvio a giudizio. L’articolo 11, così riscritto, verrà votato oggi.

Reati estinti
Novità anche per la riparazione del danno che può portare all’estinzione di reato bagatellare: oggi il meccanismo risarcitorio vale solo nelle aule del giudice di pace mentre con il ddl Orlando si estende anche ai reati a querela giudicati in tribunale: «Così diamo attenzione alle persone offese consentendo loro di ottenere effettivamente il risarcimento e la riparazione del danno subito», osserva Anna Rosso-mando (Pd). Polemico Andrea Colletti (M5S) «Da oggi picchiare un politico potrebbe costare poco perché minacce, percosse e lesioni vengono praticamente depenalizzate». Oggi la Camera vota anche la stretta sulle intercettazioni: divieto di pubblicazione delle conversazioni relative a terzi estranei e divieto di divulgare le intercettazioni fatte tra privati (fatto salvo il diritto di difesa e quello di cronaca). Per il vice ministro Enrico Costa «questo risultato è ampiamente soddisfacente».

Dino Martirano – Corriere della Sera del 17 settembre 2015