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principi fondativi della Carta hanno contribuito a migliorare la società e le istituzioni, ma non sempre la loro applicazione è stata facile e scontata. Non sempre le decisioni della Corte Costituzionale sono state adeguate, perché applicare la Costituzione, o interpretarla, con gli strumenti del contingente non porta lontano. Vale per tutti. Per la Politica e la Magistratura.

QUALCHE SEMPIO
(leggendo “Aggiornare la Costituzione” di Guido Crainz e Carlo Fusaro)

Prendiamo l’articolo 3 della Carta Costituzionale, … che assegna alla Repubblica il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Difficile trovare un’indicazione più chiara e feconda. Difficile trovare un più luminoso riferimento per i grandi impegni civili e riformatori (del passato, del presente e del futuro), per le battaglie più generali e per quelle più specifiche e apparentemente minori: si pensi a quelle condotte in materia di lavoro da molti giovani pretori negli anni settanta (Canosa 1978), sulla scia di uno Statuto dei diritti dei lavoratori che portò la Costituzione anche all’interno delle fabbriche, come si disse (e anche questo esempio ci ricorda che l’impegno su questi temi non si esaurisce mai).

Sulla base di questo principio costituzionalesi consideri poi la parità fra uomini e donne: solo nel 1963 le donne potranno accedere alla magistratura e ad altre professioni da cui erano sin lì escluse, e si segua il tormentato percorso che portò a questo primo e non ancora completo esito.

Nel 1956 una legge aveva permesso loro di entrare a far parte dei tribunali dei minori e delle giurie popolari in Corte d’Assise, in questo caso però con il vincolo che non potessero essere mai in maggioranza. E questa palese violazione della parità fu ribadita dalla Corte costituzionale nel 1958, rigettando un ricorso.
Una lunga introduzione storica affermò in buona sostanza che i Costituenti… non potevano essere così avanzati da volere una parità completa: quindi, si proseguiva, senza intaccare «il canone fondamentale dell’uguaglianza giuridica» le leggi possono «tener conto, nell’interesse dei pubblici servizi, delle differenti attitudini proprie di ciascun sesso».

La sentenza della Corte n. 56, 3 ottobre 1958, afferma testualmente: «la Costituzione trasformava radicalmente un sistema tradizionale che vigeva nelle leggi e soprattutto nel costume riguardo alla condizione giuridica della donna […]. Era naturale che, pur avendo posto il principio dell’uguaglianza giuridica delle persone dei due sessi, i Costituenti abbiano ritenuto che restasse al legislatore ordinario una qualche sfera di apprezzamento […] anche nell’intento di utilizzare meglio le attitudini delle persone».

Ancora nel 1961, in tutt’altra materia, la Suprema Corte darà un’interpretazione altrettanto «discutibile» della parità confermando la norma che puniva l’adulterio solo se compiuto dalla donna: non vi è violazione dei principi di eguaglianza, affermò in quel caso, si è solo preso atto di «una situazione diversa adattandovi una diversa disciplina giuridica» (Crainz 1997).

Bisognerà attendere il 1968 per avere l’equiparazione, e l’anno successivo il reato sarà abolito. Le date sono un eloquente segnale della trasformazione che stava avvenendo, preceduta e guidata dalla Carta, e nel 1965 segnò una svolta storica il congresso dell’Associazione nazionale dei magistrati che si tenne a Gardone: in esso per la prima volta venne assunto l’obiettivo esplicito di armonizzare l’interpretazione e l’applicazione della legge con la Costituzione.

Oggi quelle interpretazioni ci sembrano lontane anni luce, ma per questo possiamo dire che i principi fondativi della Carta migliorarono dunque la società e le istituzioni e possono ancora sostenere questa funzione.

Per questo la Riforma non mette in discussione la prima parte della Costituzione.

GL