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rendo spunto da una semplice ma profonda riflessione di Giuseppe Sbardella, (che non conosco personalmente, ma che da qualche anno seguo e apprezzo) fatta in merito a un articolo del Corriere sui “Malumori anti Ala nella minoranza Pd – Speranza chiede il congresso”, per chiarire meglio quanto già avevo esplicitato in questo post dell’11 gennaio 2016.

Questo è il suo commento:
“Al di là degli spiccioli botta e risposta non è difficile intravedere sullo sfondo l’ennesima scissione fra una sinistra diretta erede del massimalismo socialista e comunista e una sinistra riformista e liberale.
E’ l’eterno scontro fra gli eredi di Marx, Lenin, Togliatti e quelli di Proudhon, Bernstein, Rosselli.
E quest’ultima sinistra, di respiro europeo, non potrà non trovare una grande area di incontro politico con il centro riformista (gli eredi di Mazzini, La Malfa, De Gasperi)”.

Concordo con la sua affermazione, anche al netto della nostalgia per le mie prime letture giovanili su Proudhon, Bakunin, Cropotkin, Cafiero e Malatesta.
Credo che “l’incontro” (alleanza, quindi, non adesione allo stesso partito) sia INEVITABILE, ALMENO IN QUESTA FASE POLITICA.

Veniamo dal ventennio di Berlusconi e Prodi, dominato dal bipolarismo. Centro-sinistra e Centro-destra erano due entità politiche e sociali ben distinte. Il Centro faticava ad esistere e, in fondo, bastava scegliere l’alternativa che più ci convinceva.

Questo quadro è mutato profondamente per le ragioni che ho cercato di spiegare nel post e oggi ha caratteristiche molto diverse.
Al netto dell’astensionismo (il terzo soggetto politico), in Parlamento siedono ancora due schieramenti politici contrapposti:

  • Da una parte quelli che hanno la consapevolezza che governare è difficile, e ci provano comunque con un progetto credibile; quelli realisti, responsabili; quelli che coltivano ancora la speranza e parlano alla testa e al cuore del Paese.
  • Dall’altra quelli che comunque vada, si oppongono; i malpancisti che usano la demagogia e il populismo; quelli che promettono soluzioni facili che non esistono; quelli che urlano alla pancia del Paese; quelli che, spesso e volentieri, sono anti sistema.
  • La politica, in realtà, non è più divisa, per ora, tra Destra e Sinistra, ma tra responsabili e malpancisti che sono trasversali ai vecchi schieramenti. Tra i malpancisti si può annoverare, ad esempio, tutta la Sinistra più radicale, anche quella ancora rimasta nel PD, mentre nei responsabili ci sono pezzi di Centro e di Centro-Destra orfani dei loro naturali riferimenti.

    Questa situazione, non solo evidenzia lo smarrimento politico del Centro riformista, ma certamente anche di una parte del liberismo che esisteva dentro il Centro-destra. C’è una parte di ceto politico, ma anche di opinione pubblica, che non ha più rappresentanza e vorrebbe averla in modo responsabile.
    Poteva esercitarla Scelta Civica, ma l’esperienza del Professore è naufragata ancor prima di cominciare.
    Il Centro-destra (in particolare Forza Italia) è in evidente dissoluzione.
    La Casaleggio associati e la Lega non possono certo rappresentare gli eredi di Mazzini, La Malfa e De Gasperi.

    Così sta diventando inevitabile la “migrazione” e l’alleanza di quella parte di centro (e anche di destra liberale) che non si riconosce nel populismo, nella demagogia e nello “sfascismo”, verso la parte politica che cerca delle soluzioni per il Paese attraversato da una crisi strutturale e ancora lunga.

    Non ci sarà il partito della nazione e non sarà sempre così. Le differenti impostazioni di fondo permangono, ma, nella situazione data, per alcuni l’alleanza potrà diventare stabile, per altri (Alfano e Verdini sono tra questi) sarà così fino a quando nel Centro-destra non prevarrà di nuovo una identità fondata sul sano liberismo che caratterizza i Conservatori in tutta Europa; oppure, e la cosa mi sembra più probabile, fino a quando il nuovo sistema elettorale metterà in sicurezza con i suoi risultati la governabilità, toglierà spazio ai populisti (se dovesse vincere il Pd), e darà il tempo al centro-destra di riorganizzarsi, senza dover scegliere, con i numeri di oggi e al netto delle possibili convenienze e speculazioni, tra lo sfascio e la soluzione.

    Oggi siamo in mezzo a questo guado.

    La politica di Renzi ha determinato solo in parte il cambiamento del quadro politico (il resto lo ha fatto la crisi economica, culturale e sociale che è sfociata nella demagogia), ma certamente ne è diventata la soluzione: nei fatti, Renzi è il simbolo e il punto di riferimento dell’Italia Responsabile, l’unica che ci può portare fuori dalle secche della crisi globale.

    Se la Sinistra interna al Pd capirà la natura di questa fase politica, resterà. Che questo accada, come mi auguro, dipenderà però soprattutto da loro e non solo dalla “testardaggine unitaria” che riscontro ancora nella maggioranza del Pd. Spetta a loro, minoranza, capire e scegliere; dare ancora più spazio e peso a Verdini e Alfano, o interpretarli per il fenomeno che rappresentano; confinarsi nella buona compagnia dei malpancisti o restare nel Pd già convinto che non tutti debbano diventare populisti o riconoscersi ancora figli di una storia che si è già consumata.

    OTTOBRE SARA’ UN MESE CRUCIALE
    Tra qualche mese saremo chiamati a votare il Referendum sulle Riforme Costituzionali (l’abolizione del bicameralismo perfetto previsto dal Ddl Boschi).
    In quella occasione sarà giocata una partita molto importante: capire quale direzione prenderà il futuro del nostro Paese; se potremo ancora cercare di governare responsabilmente il cambiamento, o se dovremo consegnare l’Italia nelle mani dei malpancisti.
    Non sono tra quelli che si augurano la vittoria di questi ultimi, così che si possa dimostrare la loro effettiva incapacità di governare. Il “tanto peggio, tanto meglio” non mi è mai piaciuto: sarebbe un disastro.
    Mi auguro, invece, una vittoria del PD e di Renzi, e farò tutto il possibile perché questo avvenga: pur nella grande difficoltà dell’oggi, credo sia l’unica possibilità di affrontare il futuro con qualche speranza.
    Anche al costo dei voti di Alfano e Verdini.